Il mercato delle auto è in crescita, ma i prossimi mesi potrebbero essere devastanti per clienti e produttori: minaccia sui prezzi concreta
Più si avvicina il 2035, punto di non ritorno fissato dall’Unione Europea per la rivoluzione elettrica sulle strade di tutti i Paesi aderenti, e più crescono le fibrillazioni. Tutti d’accordo sulla mobilità sostenibile, ma non tutti concordano sui modi per realizzarla. E una prossima scadenza che si avvicina fa temere una catastrofe economica per gli automobilisti.
Analizzando i dati del mercato e delle vendite, appare chiaro come ci siano Paesi che viaggiano a velocità diverse, con l’Italia nettamente in ritardo. Lo dice il confronto dei dati raccolti e pubblicati dalle principali organizzazioni di settore, come Acea e Unrae, per fotografare il trend delle vendite in Italia.
Confrontando il primo semestre 2023 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, in Europa la crescita è del 17,6%. Ma nel 2019, anno prima della pandemia, il dato era pari al 21,8%. E in Italia? Nei primi sei mesi dell’anno siamo ad un +22,8% che solo in teoria è positivo.
In realtà però le vendite delle auto plug-in sono ancora indietro alle altre nazioni leader. La quota delle BEV, le auto elettriche ‘pure’ è al 4,4%. Arriva poi al 9,8% aggiungendo i modelli ibridi ricaricabili alla presa di corrente, cioé i PHEV.
In Germania le auto 100% elettriche nello stesso periodo hanno rappresentato il 18,9% del mercato mentre Francia e Regno Unito viaggiano sopra il 17% di quota delle elettriche sul totale, mentre i modelli PHEV sono al 9,4% e 7,2%.
A pesare sul poco amore degli italiani per le elettriche sono essenzialmente due fattori. Il primo è legato ai prezzi, che sono mediamente ritenuti eccessivi anche se ora le Case stanno studiando alternative, come la Citroen e-C3 a 23mila euro e la Dacia Spring a 21mila. E poi ci sono ancora poche stazioni di ricarica per le auto, che però entro il 2026 dovrebbero essere per legge installate almeno ogni 60 km.
Adesso però la situazione per le auto elettriche e quindi più in generale per la mobilità sostenibile, è destinata a peggiorare. Tutta colpa della Brexit e degli accordi che erano stati formati all’epoca tra Gran Bretagna ed Unione Europea per l’uscita.
Uno in particolare a dire la verità. Quello che da gennaio potrebbe portare ad un aumento significativo del prezzo per i modelli BEV costruiti in Gran Bretagna ed esportati all’estaro, ma anche viceversa.
In base agli accordi, finora mai modificati, dal gennaio 2024 i modelli assemblati nel Regno Unito dovranno essere composti almeno per il 45% da contenuto locale. Inoltre le batterie che li alimentano dovranno avere materiale locale tra il 50 e il 60%.
Ma i tempi sono decisamente cambiati dopo la pandemia che ha acuito la crisi mondiale e dopo l’inizio della guerra tra Ucraina e Russia che frena gli approvvigionamenti. Se nessuno metterà mano alle norme modificandole in tempo, a rimetterci saranno i clienti finali con i prezzi delle auto destinati a lievitare.
Infatti le auto elettriche vendute tra Regno Unito e Unione Europea (e viceversa) saranno oggetto di dazi pari al 10%. Come spiega la Society of Motor Manifacturers and Traders questo in concreto significherà un aumento pari ad almeno 3.400 euro per un veicolo elettrico prodotto nell’UE venduto nel Regno Unito. Cifra che salirebbe a 3.600 euro per un veicolo elettrico prodotto in un Paese britannico e venduto in Europa.
Non a caso gli ultimi dati relativi alle vendite di autoveicoli provenienti dalla Gran Bretagna sono in netto calo. A settembre 2023 in Europa sono scesi del 14,3%. E tutto questo rischia di avere un effetto paradossale: favorire ancora di più i modelli BEV prodotti in Cina o più in generale in Oriente.
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