Distributori di benzina di nuovo nel radar della giustizia. Per anni avrebbero orchestrato una truffa a danni degli automobilisti.
Tempi bui per coloro che possiedono un distributore di benzina. Dal post pandemia quando i costi hanno cominciato a crescere in maniera esponenziale, l’ultimo anello della catena che porta il carburante ai proprietari di auto e moto, è sotto l’attenzione delle autorità . La sensazione è che certi rincari siano ingiustificati e dovuti solamente alle speculazione.
Qualche mese fa, in Italia, proprio per questo motivo, aveva preso il via un testa a testa tra l’esecutivo e la categoria, sentitasi punta nel vivo in quanto accusata di fare la furba, maggiorando i prezzi senza motivo.
Se con il trascorrere dei mesi la questione pareva aver perso vigore, lontano dai riflettori si è continuato a lavorare nell’ottica della ricerca della maggior trasparenza. Come stabilito ad inizio del mese di luglio, a partire da agosto i benzinai dovranno esporre i prezzi medi praticati nel dettaglio. In caso di violazione della nuova norma si incorrerà in una multa che va dai 200 ai 2000 euro a seconda del fatturato.
Per rendere la pratica più chiara i dati medi saranno pubblicati ogni mattina sul sito Mimit, anche se già non mancano i sopraccigli sollevati di chi è scettico che i consumatori ne usciranno maggiormente tutelati.
Prezzi della benzina truccati, al via l’indagine
L’estate di chi si occupa di carburante non sarà calda soltanto per questo. Proprio l’incremento delle somme richieste alla pompa ha allertato l’Antitrust. L’ente garante della concorrenza e del mercato ha dato avvio ad un’istruttoria riguardante diverse compagnia petrolifere importanti, come la ENI, la Saras, la Tamoil, la Repsol, l’Italiana Petroli, la Iplom e la Kuwait Petroleum.
La ricerca si focalizza sul costo della componente biologica che è stata resa obbligatoria dalle norme UE, al fianco degli idrocarburi di natura fossile che finora hanno caratterizzato le benzine. L’ipotesi è quella di violazioni del Trattato e di presunti accordi anti-concorrenziali tra le varie aziende, in merito al prezzo a cui viene messa sul mercato la parte non inquinante della miscela.
Tutto è partito da una segnalazione avvenuta in data 27 marzo tramite la piattaforma whistleblowing. A quanto pare i giganti dell’oro nero si sarebbero messi d’accordo tra loro, stabilendo una cifra uguale per tutti non tenendo conto dei costi sostenuti da ciascuno, in modo da non farsi lotta reciproca.
Scavando nel dettagli di tale trattativa, è emerso che la truffa sarebbe stata avviata nel gennaio 2020 dalla stessa ENI e praticata attraverso annunci pubblicati su La Staffetta Quotidiana, sito di riferimento per tutte le compagnie.
Il gruppo fondato da Enrico Mattei avrebbe incentivato gli altri a seguire il suo cammino in termini di aumenti e non è neppure escluso che l’accordo abbia riguardato il quantitativo stesso di bio-fuel da inserire.
A questa indagine va a sommarsi pure quella focalizzata sulle frodi al distributore, con il grande classico dell’adozione di acqua mescolata al carburante, grande nemico del motore. A questo proposito la Guardia di Finanza avrebbe posto sotto sequestro numerose stazioni di servizio.