In tanti stanno criticando la scelta da parte del marchio. In effetti, sembra che le auto messe sul mercato non siano più italiane
Una delle testate maggiormente attente a quello che sta succedendo nel mondo nostrano dei motori, si è schierata apertamente contro i dirigenti di una nota azienda. Parliamo del Fatto Quotidiano, diretto da Marco Travaglio, che appena dopo la presentazione al Lingotto di Torino di due nuovi modelli, si è concentrato sul fatto che questi non sono più del tutto italiani. Inoltre, proprio per tale motivo, rimarca la rabbia del sindacato metalmeccanico della Fiom in merito a questa nuova iniziativa.
Si tratta della produzione delle nuove Fiat 600 e Topolino, che non avverrà più in Italia. La presentazione del progetto effettuata da parte del presidente Elkann ha lasciato tutti allibiti, visto che questa massiccia delocalizzazione andrà a penalizzare gli operai del nostro paese, i quali si vedono sfilare da sotto al naso la possibilità di poter lavorare su questi due modelli. Eppure, il luogo in cui è andato in scena l’evento, il Lingotto, è iconico proprio per via del fatto che lì furono prodotti degli esemplari storici e unici.
Secondo Radioradio.it, invece, “l’Italia ha ben poco da festeggiare”. Questo perché la produzione dei due nuovi modelli, che si rifanno al passato glorioso del marchio, sarà trasferita in Polonia e in Marocco. Di solito, la delocalizzazione viene effettuata per poter abbassare i costi di produzione, andando a cercare dei paesi con minor sicurezza sul lavoro, con stipendi più bassi e con minori coperture sindacali. Che sia stato questo l’intento da parte di Stellantis e della Fiat?
Ovviamente, fare il nome della casa automobilistica di Torino riporta ad un passato glorioso italiano nel settore. Anche oggi dovrebbe essere così, ma sembra che molti dei nostri concittadini stiano criticando pesantemente la scelta da parte dei massimi dirigenti della società.
Eppure, sono stati tanti i giornali nazionali che hanno evidenziato quanto la riproduzione della 600 e della Topolino sia un evento storico e glorioso per il nostro paese. Ma così non sembra essere, dato che il trionfalismo dovuto alla riproduzione dei modelli maggiormenti iconici della Fiat, alla capacità di innovare e di primeggiare a livello internazionale, cozza con la delocalizzazione della produzione.
Ci troviamo, ancora una volta, di fronte ai drammi della globalizzazione neoliberale, ossia quel modo di fare mercato rispettando solamente la convenienza del capitale. Una convenienza, scusate il gioco di parole, che mira a fare del bene specialmente al marchio, ma senza badare troppo ai maggiori profitti che, invece, potrebbero avere anche gli operai che fanno grande il nome dell’azienda. Ancora una volta, il nostro paese viene colpito da questo mercato aggressivo o, più precisamente, ne vengono colpiti i lavoratori dipendenti.
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