Le moto giapponesi hanno da sempre dimostrato una certa capacità costruttiva, ma qualcosa sembra cambiare. Cosa sta accadendo.
Il motociclismo è un mondo estremamente vasto, dove i clienti possono godersi una splendida abbondanza di mezzi a due ruote. I preferiti rimangono sempre quelli giapponesi, specialmente Honda, la casa costruttrice dei sogni di qualunque motociclista. L’azienda in questione, precedendo tutti i brand orientali, europei e americani, a partire dal ventesimo secolo ha creato un vero e proprio impero.
Altre marche molto apprezzate sono la Yamaha, la Suzuki e la Kawasaki. Parlando di Europa, invece, case costruttrici come Ducati e BMW si stanno rivelando sempre più attraenti sul mercato.
Specialmente il brand italiano, che può vantare un progetto a lungo termine a dir poco ambizioso. Per non parlare, poi, di Aprilia, Vespa e i vari progetti targati Piaggio. E a proposito di moto, sembra esserci un’inversione di tendenza mondiale. Le motociclette giapponesi, in questo determinato periodo storico, sono meno efficaci di quelle europee.
Dall’Olanda un risultato sconvolgente: cosa sta succedendo
Di recente si è svolto il Gran premio d’Olanda di MotoGP ad Assen, corsa in cui si è palesata una straordinaria prestazione delle moto europee; due Ducati, quelle di Bagnaia e Bezzecchi, davanti a tutti. Sul gradino più basso del podio l’Aprilia di Aleix Espargaro, seguita dalla KTM di Brad Binder e le altre tre Ducati di Jorge Martin, Alex Marquez e Luca Marini. La prima moto giapponese al traguardo è la Honda di Takaaki Nakagami, 8°, che ha preceduto la Yamaha di Franco Morbidelli.
Una superiorità tecnica dei team occidentali francamente netta e senza precedenti, quantomeno nel 21° secolo. Ai più blasonati marchi nipponici, la storia e i fuoriclasse – Marc Marquez e Fabio Quartararo su tutti – non bastano più. Il gap tecnico, in una MotoGP sempre più volta agli aggiornamenti, alle innovazioni e al lavoro sul settore aerodinamico, è notevole.
Inutile girarci intorno, soprattutto considerando che questa situazione – se escludiamo il titolo conquistato nel 2021 da un sublime Quartararo – è ormai divenuta una costante nelle ultime stagioni della classe regina del motomondiale. Come dicevamo in precedenza, però, non è che fuori dalla pista le moto giapponesi abbiano subito un calo di costruzioni e progetti. Anzi, sono sempre gli orientali a dominare il mercato delle due ruote. Perché, allora, nella maggiore competizione motociclistica si sta verificando questo clamoroso distacco realizzativo?
Record negativi come fossero coriandoli: il Giappone in MotoGP piange e basta
Ennesimo GP da incubo per Honda e Yamaha, che dopo l’uscita di scena di Suzuki sono le uniche due aziende giapponesi rimaste all’interno del circus. E purtroppo continuano a macinare record negativi su record negativi. Al GP del Sachsenring, in Germania, Honda non ha particolarmente brillato. Ad Assen è toccato a Yamaha il cazzotto morale e sportivo, a causa dello zero di Fabio Quartararo durante la gara della domenica e alla modesta nona posizione di Franco Morbidelli. Ma cos’è che non va in entrambi i team? Innanzitutto, il fattore principale è la fin troppa dipendenza da Marquez e Quartararo.
Ma non è chiaramente il più determinante. I team europei, probabilmente, si sono adattati alla nuova MotoGP e alle tecnologie più innovative. I team giapponesi invece potrebbero essere rimasti ad un pensiero motociclistico decisamente diverso. Inoltre, i brand occidentali sono organizzati in maniera migliore, con reparti divisi e raggruppati in maniera decisamente specifica. Pensiamo alla divisione aerodinamica, a quella elettronica, del telaio, degli pneumatici, di ricerca e sviluppo e quant’altro. E, peraltro, non mancano gli specialisti in ogni area. In Honda invece ci sono molti volti nuovi, e la maggior parte degli ingegneri sono giovani.
Oltre alla mancanza di esperienza, va annotata anche la rotazione. La mancanza di stabilità non aiuta, impedisce la creazione di solide dinamiche di lavoro e anche la comunicazione non è delle migliori; ci riferiamo ai collegamenti con i quartieri generali giapponesi e la gestione della squadra corse – in gran parte europea – che non agevola neanche un po’ i processi di cambiamento in atto. Insomma, Honda e Yamaha stanno approcciandosi ad una rivoluzione che richiede pazienza e tante difficoltà, anche solo dal punto di vista del dialogo interno.
Quanto ci vorrà per raggiungere Ducati, KTM e Aprilia? Non poco tempo, anche perché la MotoGP attuale non è come quella di qualche anno fa, e gli errori si pagano a caro prezzo: colossi come Yamaha e Honda lo stanno vivendo sulla loro pelle, e chissà per quanto altro tempo ancora. C’era una volta Yamaha VS Honda…