La Ferrari Testarossa è uno dei modelli più indimenticabili della storia, ma forse non tutti ricordano questa particolare supercar.
Per tantissimi anni la Testarossa ha rappresentato forse il modello più iconico in assoluto tra quelli che sono stati realizzati a Maranello. Una vettura che ha saputo scrivere pagine leggendarie nella storia del Cavallino Rampante e che è stato fonte d’ispirazione anche in diversi film.
Il suo anno di nascita fu il 1984 e rimase sul mercato addirittura fino al 1996. Si tratta di una tempistica davvero molto ampia se consideriamo come la Ferrari non sia propriamente la società principale nella produzione di automobili da vedere su scala popolare.
Anche i suoi numeri in fatto a vendite sono eccezionali, dato che sfiorano addirittura le 10 mila vendite. Una berlina da 448 cm di lunghezza, 198 di larghezza e un’altezza che si stanzia sui 113 cm. Inutile dire come il suo punto di forza fosse il motore che garantiva un’esperienza di guida favolosa per i due passeggeri che vi salivano su di essa.
Al suo interno infatti vi era un favoloso V12 da 390 cavalli e questo le permetteva così di puntare dritto fino ai 290 km/h. Per poter passare poi da 0 a 100 km/h servivano solamente 5,8 secondi, il che la rende a tutti gli effetti una supercar di primo livello.
Quello di cui vi vogliamo parlare oggi non è però solo legato al mito della Testarossa. Diversi anni prima della sua creazione infatti vi era un modello totalmente diverso, ma con un nome molto simile che potrebbe confondervi. Scopriamo dunque il mito straordinario della Testadoro.
Torna in vita la Testadoro: il mito che perdura da oltre 70 anni
L’azienda Testadoro nacque addirittura durante gli anni ’30 e si trattava di una società che produceva prettamente delle automobili economiche. Fu un’idea innovativa per l’epoca, infatti allora le automobili erano considerate un bene che solo pochi potevano permettersi.
Questo fu il ruolo della Testadoro durante il fascismo, ma la voglia di libertà e di cambiamento colpì anche la ditta dopo la Seconda Guerra Mondiale. Nel 1947 nacquero i modelli “Sport” e quello “Drin Drin”, con entrambi che avrebbero dovuto così permettere alla società di prendere parte ai vari appuntamenti automobilistici.
Era ben visibile sulla Drin Drin la lettera “Z“, infatti era stato Elio Zagato a progettare la carrozzeria. Anche il nome non era di certo casuale, dato che era il soprannome di Giorgio Giusti, uno dei fondatori dell’azienda insieme ad Arnaldo Roselli.
Questa automobile è entrata nella storia della ditta grazie allo straordinario successo in occasione della gara a Monthlery e nel 1947 riuscì anche a ottenere diversi piazzamenti di prestigio. La sua avventura nel mondo delle corse proseguì anche nel 1948 con la realizzazione della Marinella e nel 1949 della Daniela, ma non si completò mai la Barchetta del 1951.
Nel 1949 infatti Roselli morì con il suo copilota Dante Spreafico durante una gara e Giusti prese la decisione di chiudere l’azienda. Oggi però tocca a Dario Pasqualini da Cumiana, provincia di Torino, ridare vita a questo modello. Non solo ha acquistato il brevetto della Testadoro ma ha portato a termine il progetto mai completato della Barchetta.