Il giorno primo maggio del 1994 è una data nera per tutti i fans del mondo dell’automobilismo sportivo. Quel giorno infatti, perse la vita un campione come ce ne sono stati pochi in circostanze davvero terrificanti.
Una cosa è certa, correre in Formula Uno è uno sport piuttosto pericoloso e nonostante la FIA si impegni di anno in anno per rendere il campionato più sicuro possibile per piloti, commissari e spettatori, occasionalmente accadono ancora incidenti terribili come quello costato la vita a Jules Bianchi nel 2014 o quello che nel 2020 è quasi costato la vita a Romain Grosjean che per miracolo non è morto bruciato nella sua monoposto.
In quella che sembra davvero la trama di un tragico film però, nel giro di soli due giorni sullo stesso circuito italiano persero la vita ben due piloti, un giovane esordiente di una scuderia minore che sembrava lanciato verso un futuro promettente ed uno dei più grandi campioni che la Formula Uno brasiliana abbia mai conosciuto.
Quel maledetto giorno
Che la gara di Imola del 1994 fosse partita sotto il peggiore degli auspici era stato evidente fin dalle qualifiche: ben due piloti sarebbero morti nel giro di due soli giorni su un circuito tradizionalmente molto impegnativo, ironia della sorte, in modo non dissimile l’uno dall’altro. Ma del resto, questa pagina di storia della Formula Uno sembra scritta veramente da uno sceneggiatore di film tragici.
Dopo aver vinto tre titoli mondiali spostandosi da una scuderia britannica all’altra tra cui Toleman e McLaren, Ayrton Senna, ormai privo del suo rivale di sempre Alain Prost che si è ritirato si prepara ad affrontare un circuito molto complesso come il Gran Premio di Imola non senza preoccupazioni: sembra proprio che il pilota avesse confidato a vari amici che la nuova monoposto della squadra Williams era stretta e poco responsiva ai comandi.
Una doppia tragedia
Il 30 aprile 1994 come purtroppo sappiamo il giovane pilota austriaco Ronald Ratzenberger perde la vita sul circuito tentando di migliorare il proprio tempo dopo che la sua Simtek ha un guasto facendolo uscire di strada. Inutili i soccorsi perchè il pilota per l’impatto terrificante riporta una frattura cranica fatale. Si dice che quel giorno, Senna avesse decida di correre con una bandiera austriaca a bordo della vettura per rispetto verso il collega.
Quello che il brasiliano non può sapere è che proprio per un guasto sulla sua vettura anche lui andrà incontro alla stessa sorte proprio nel corso del gran premio che, ironia della sorte, fino a quel momento aveva condotto. Senna morì nell’impatto, stando ai medici a causa di un corpo estraneo che aveva sfondato il casco per la violenza dell’impatto. Ma poteva salvarsi in qualche modo?
Intervenuti sul posto
Di recente su La Gazzetta dello Sport è comparsa un’intervista al medico Giovanni Gordini, oggi 67enne che fece parte del team che tentò inutilmente di salvare la vita al pilota brasiliano alla Curva del Tamburello dopo la tremenda uscita di pista. Di quel giorno che è passato alla storia per le ragioni peggiori possibili l’uomo ricorda ancora bene tutto quanto.
“Ricordo la chiamata che diceva solo ‘Senna, incidente Tamburello’ e ricordo di essermi preoccupato perchè quella curva era spesso teatro di incidenti gravi” racconta il medico “Sono corso sul posto subito dopo il dottor Sia Watkins e la situazione è apparsa subito grave”. Il pilota stando al racconto già sembrava grave e le speranze di salvarlo erano davvero poche: “Senna respirava ancora ma le condizioni, a causa del distacco della sospensione della Williams erano gravissime”.
Così, i medici decisero di chiamare l’elicottero: “Caso quasi unico per un incidente del genere, non ricordo sia mai stato chiamato prima di quel momento”, spiega Gordini alla stampa. Secondo il dottore, venne fatto di tutto per salvare Senna ma le condizioni del brasiliano erano ormai disperate: “Vi garantisco che le abbiamo provate tutte ma il cervello era andato ormai in silenzio elettrico. Non c’era nulla da fare”, continua il racconto.
Sulla tragedia di Imola sono state scritte pagine e pagine ma evidentemente, in quel caso non c’era davvero nulla che un medico potesse fare per salvare un pilota in così gravi condizioni. Una ferita che rimane aperta nel cuore dei fans e soprattuto, nella famiglia del pilota che non si meritava un epilogo del genere.