Sapevate che l’auto italiana più brutta di sempre, in realtà è giapponese?

La odiano un po’ tutti gli appassionati della casa produttrice che l’ha messa in strada, indovinate che vettura è ? Quando ne hanno annunciato la messa in produzione era chiaro che sarebbe stato un flop di proporzioni epiche.

In gergo si chiama re branding ed è un processo con cui una vettura ideata da un marchio, magari giapponese, viene prodotta con un logo diverso da un altro, magari italiano. Quando lo hanno fatto con questa vettura gli appassionati sono rimasti davvero molto delusi al punto che oggi, nessuno la può vedere! Ecco la storia del più clamoroso fiasco Made in Italy del secolo scorso.

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Definizione di “bidone” in gergo automobilistico (MondoFuoristrada.it)

Una pessima idea 

All’inizio degli anni ottanta la casa italiana Alfa Romeo aveva qualche difficoltà economica che ne avrebbe poi determinato una profonda crisi: il modello Alfasud era bello e dotato di una linea vincente ma la sua affidabilità giudicata molto scarsa dalla stampa dell’epoca aveva lasciato una profonda spaccatura nella reputazione della casa italiana. Serviva subito qualcosa che potesse risolvere questo problema.

Per rimpiazzare la vettura nel Segmento C del mercato la casa Alfa Romeo pensò ad una collaborazione con un marchio che in quel periodo stava facendo molto bene, la Nissan che si era offerta di collaborare con il Biscione alla creazione di una vettura dal prezzo contenuto affidabile e moderna. Quello che ne uscì fuori nonostante le buone premesse è sicuramente il peggior veicolo che Alfa abbia mai prodotto nella sua storia.

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La pubblicità diceva “Arna, e sei subito alfista”. I clienti dissentivano (MondoFuoristrada.it)

Fallita in partenza

Introdotta poco prima che l’Alfasud andasse in pensione, la Alfa Romeo Arna era essenzialmente un re branding della Nissan Cherry, una berlina dalle scarse pretese molto popolare dall’altra parte del mondo, in oriente, che montava però il motore boxer a quattro cilindri della vettura che doveva rimpiazzare, forse uno dei pochi componenti dell’auto che non aveva dato problemi.

Esteticamente, fuori e dentro, la Arna era a tutti gli effetti una Cherry con un altro logo sul cofano e fin da subito, nonostante il marchio avesse investito milioni in questo progetto, gli alfisti mostrarono grande diffidenza verso il modello che si attirò lo scherno della stampa specializzata. A peggiorare le cose, nessuno aveva preso accordi con Nissan affinché la Cherry e la Pulsar con cui la Arna condivideva la piattaforma non fossero vendute in Italia, creando un conflitto di interessi.

Risultato pessimo

Nel giro di soli quattro anni la Arna diventò il peggior fiasco commerciale che Alfa avesse sostenuto fino a quel momento: la Arna era una vettura affidabile e generalmente ben costruita, salvo qualche problema di ruggine, ma non aveva assolutamente nulla a che fare con lo spirito del marchio che fin dagli anni trenta si era distinto per vetture potenti, eleganti e con personalità da vendere.

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Nissan vendette la Cherry anche in Italia, peggiorando la situazione! (MondoFuoristrada.it)

Al fatto che la vettura non fosse nulla di esaltante sotto il profilo estetico o motoristico, bisogna aggiungere il prezzo che rimaneva comunque vicino ai 10 milioni di Lire del tempo: non esattamente un affarone, per una vettura di Segmento C che doveva fare da entry level per i potenziali, nuovi clienti del marchio.

Quando nel 1987 Fiat acquisì le attività di Alfa Romeo, si affrettò a staccare la spina al progetto: pensate che per quella data in ben quattro anni erano state costruite appena 53.000 vetture, unità più unità meno, di cui molte faticarono ancora per anni ad essere vendute a qualche sprovveduto. Ad oggi, e non a torto, la Arna viene ricordata come la peggiore Alfa di sempre. Ovviamente.

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