La Formula Uno, amatissima in tutto il mondo. Così come i suoi grandi protagonisti. Purtroppo però uno di questi se n’è andato per sempre.
Velocità. Potenza. Superare ogni limite. Soprattutto nel ventesimo secolo, era l’obiettivo di uomini coraggiosi e senza freni, capaci di sognare in lungo e in largo, di esagerare con un volante fra le mani e di guidare senza confini. Soprattutto in F1, dove di vittime ne abbiamo viste tante e di tragedie ne sono accadute troppe. Con il tempo, in special modo post GP d’Imola del 1994, la massima serie automobilistica è migliorata dal punto di vista della sicurezza.
Anche se, già prima di tale drammatica – ma rivoluzionaria – data, di corridori in grado di sostenere una guida più contenuta c’erano già. Uno di questi era Niki Lauda, ma anche Alain Prost sapeva come avere un approccio più attento e prudente rispetto ad altri colleghi. In tal senso, ce n’è stato un altro che oggi piangiamo. Noi, la F1 tutta, ed in particolare la Scuderia Ferrari.
La F1 dice addio a lui: impossibile dimenticarlo
Lo chiamavano gentiluomo, a Patrick Tambay, nato a Parigi il 25 giugno 1949 e scomparso nelle ultime ore. Vincitore del campionato CanAm, edizioni 1977 e 1980, era considerato un pilota attento, ordinato. E ragioniere. Un nominativo che, erroneamente, molti considerano dispregiativo per gente che vive a 360° il mondo delle corse; ma la Formula Uno ci ha pienamente dimostrato il contrario, più e più volte. All’interno della medesima categoria, è diventato velocemente uno dei piloti più popolari e amati nei primi anni ottanta.
Nonostante avesse vinto soltanto due gare. Ma i numeri non dicono mai tutto. Non dicono mai molto. Non parlano mai abbastanza. Ed ecco che quelle due vittorie, in special modo la seconda ad Imola 1983 dedicata al compianto Gilles Villeneuve, sono ancora nei cuori di ogni appassionato. Soprattuto di quelli legati alla Ferrari, che si erano presi una bella ‘influenza d’amore’ per il canadese scomparso solo un anno prima. Tornando a Tambay, dopo la F1 venne il momento di tentare fortuna alla 24 Ore di Le Mans e alla Parigi-Dakar: rispettivamente 4° e doppio 3° posto assoluti.
F1 e Ferrari si stringono a Tambay: cosa ci lascia ‘Gentil Patrick’
C’è un patrick Tambay dentro la pista e uno fuori dagli schemi velocistici, di un mondo che già negli anni ottanta andava sempre più veloce, più forte, senza sosta. Lui, sposato con Diana e papà di Esti e Adrien. Una famiglia tranquilla la sua, alla mano, che viveva fra Cannes e la Svizzera – ma che non mancava di godersi pure una casa ad Honolulu in Usa. E poi, come scordare lo splendido rapporto che lo legava a Gilles Villeneuve; l’amatissimo numero 27 della Ferrari, al quale ha dedicato le sue uniche vittorie in Formula Uno, in special modo quella di Imola.
Proprio lì, in Emilia-Romagna, terra di motori e automobili, dove il mito canadese corse la sua ultima, amara e indigeribile gara in rosso. Una memoria dell’amico che lo accompagnerà per tutta la vita, dato che fece pure da mentore al figlio Jacques, del quale è stato anche padrino e con cui ha mantenuto eternamente un bellissimo rapporto. E adesso se n’è andato. A 73 anni, come ha reso noto la sua famiglia. Soffriva da molti anni del temibile morbo di Parkinson.
Un addio impossibile da colmare, difficile da accettare e terribile da affrontare. Ma le due vittorie conquistate, l’amore Ferrari che aveva circondato dapprima l’amico Gilles e che lo influenzò quanto basta per rimanere eternamente orgoglioso di sé e delle sue gesta. E forse, adesso, un po’ fiero lo sarà anche Gilles; stabilitosi chissà dove, sereno chissà quanto. Adesso, in pace, c’è anche Patrick Tambay. Pilota gentiluomo, marito e padre esemplare, uomo inimitabile: la Ferrari, che oggi si stringe a lui con un immancabile affetto, lo sa bene.